Bambole Lenci: dal 1919 al 2002 Un nome, una garanzia. Dal diminutivo tedesco di Elena Koning Scavini, Helenchen poi Lenci [1], da cui il 23 aprile del 1919 fu creato l'acrostico, unendo le iniziali delle parole, di un motto latino: Ludus Est NobisConstanter Industria ("Il gioco è per noi Costante lavoro").
Degli ottantatre anni di Lenci quelli fra le due Guerre Mondiali sono all'insegna del genio artistico della fondatrice. La Lenci non fu una creatrice artistica solitaria: il suo studio era aperto ad altri artisti, quali Marcello Dudovich (noto cartellonista ed illustratore), Giovanni Riva, Mario Sturani, Gigi Chessa, Sandro Vacchetti (direttore artistico della Lenci), Claudia Formica, Mario Pompei (scenografo, illustratore e scrittore italiano), Giuseppe Porcheddu (illustratore, ceramista e pittore italiano).
La prima esposizione di bambole in feltro, che "non era una stoffa tessuta, ma erano tanti pelini di lana pressati" fu a Zurigo (Svizzera).
Seguì nel 1925 una esposizione a Parigi (Francia), dove la Lenci fece amicizia con la Baker (nota soubrette), e la ritrasse in una bambola. Una bambola Lenci color cioccolato, con vistose labbra in panno rosso e un gonnellino di banane, ad esempio, le somiglia molto. Anche Mistinguett (attrice e cantante francese) ebbe la sua bambola ritratto (1924). Nè sfuggi al ritratto Rodolfo Valentino (1927). Un'altra, con faccino birbone e i mitici riccioli d'oro, è la copia perfetta di Shirley Temple che la teneva sempre in mano nel film del 1936 Bright Eyes, regalo del regista. Ora, questa preziosa pupa è custodita nella "Shirley Temple Collection", in California, che conta pezzi rari.
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